26/01/2021
COS’È L’ARRESTO CARDIACO?
In breve:
L’arresto cardiaco è un termine generale che descrive ogni condizione in cui il cuore non riesce più a far circolare il sangue e, di conseguenza, a far arrivare ossigeno agli organi della vittima; in assenza di circolazione, si innesca il processo di morte che diventa irreversibile in pochissimi minuti.
La definizione di “arresto cardiaco” descrive il comune denominatore a cui possono condurre diverse condizioni: qualsiasi ne sia la causa, il risultato finale è l’interruzione della circolazione del sangue nell’organismo di chi ne è vittima. Nel sangue è contenuto l’ossigeno, elemento vitale presente nell’aria che respiriamo e di cui le cellule che compongono i nostri organi hanno bisogno per mantenersi vive e in funzione. Se l’ossigeno non viene più trasportato attraverso il sangue dai polmoni alle cellule, queste iniziano a morire, spegnendosi come candele sotto ad un bicchiere. In base all’organo a cui appartengono e alla funzione che svolgono, le cellule si “spengono” in tempi diversi.
In particolare, le cellule del cervello (che è l’organo da cui dipendono molte delle nostre funzioni vitali, come la respirazione, e a cui è legata la qualità della nostra vita individuale e relazionale) sono tra le più vulnerabili. Se non ricevono ossigeno, smettono di funzionare quasi istantaneamente, causando la perdita di coscienza e l’interruzione della normale respirazione: il processo di morte inizia velocemente e in una manciata di minuti raggiunge la soglia di un danno irreversibile.
Per riassumere: l’arresto cardiaco è una condizione provocata da varie patologie nella quale si interrompe la circolazione e quindi l’ossigenazione degli organi del corpo; quando il cervello viene privato dell’ossigeno a causa dell’arresto cardiaco, la vittima perde coscienza e in pochi secondi smette di respirare normalmente; il processo di morte delle cellule diventa irreversibile dopo pochi minuti.
ARRESTO CARDIACO E INFARTO NON SONO LA STESSA COSA
In breve:
Arresto cardiaco e infarto vengono molto spesso confusi o utilizzati come sinonimi: in realtà sono due condizioni perché l’infarto è una delle condizioni che può provocare l’arresto cardiaco, ma non tutti gli infarti evolvono verso tale condizione e pertanto richiedono interventi distinti.
Con il termine infarto si intende il danno improvviso provocato ad una porzione di cuore dall’occlusione di una delle coronarie, le arterie che portano il sangue al tessuto muscolare cardiaco. Questa occlusione causa l’interruzione del flusso sanguigno e dell’apporto di ossigeno provocando la disfunzione o la morte di una parte del tessuto cardiaco. La persona colpita da infarto è di solito cosciente e avverte vari sintomi tra cui dolore al torace o in una o entrambe le spalle, alla schiena, al collo, alla mascella o allo stomaco, come se stesse digerendo male. Inoltre, può avere fiato corto, pallore, sudorazione, freddo e nausea.
Con il termine arresto cardiaco si intende invece l’improvvisa e completa interruzione dell’attività cardiaca, non solo di una porzione di cuore. L’arresto cardiaco è un termine generale che descrive ogni condizione in cui il cuore non riesce più a far circolare il sangue e, di conseguenza, a far arrivare ossigeno agli organi della vittima; in assenza di circolazione, si innesca il processo di morte cellulare che diventa irreversibile in pochissimi minuti.
Se l’infarto coinvolge la gran parte del cuore oppure se la sua insorgenza interrompe la capacità del cuore di contrarsi in maniera coordinata provocando un’aritmia conosciuta come fibrillazione o tachicardia ventricolare, allora l’infarto diventa una causa di arresto cardiaco. Poiché l’infarto è una patologia molto frequente e caratteristica nell’età adulta, la maggior parte degli arresti in questa fascia di età sono causati da infarto cardiaco.
Per riassumere: non bisogna confondere infarto e arresto cardiaco; il primo può essere causa del secondo ma richiede un trattamento diverso e se riconosciuto prontamente può essere trattato in ospedale in modo efficace. Il trattamento dell’arresto cardiaco invece richiede l’intervento immediato di chiunque sia accanto alla vittima.
COS’È LA RIANIMAZIONE CARDIOPOLMONARE?
In breve:
La rianimazione cardiopolmonare è una breve serie di valutazioni e azioni che servono a:
– riconoscere l’arresto cardiaco,
– chiedere aiuto e attivare i soccorsi,
– sostenere la circolazione e la respirazione per rallentare il processo di morte.
Poiché nell’arresto cardiaco è di fatto iniziato il processo di morte che diventerà irreversibile in pochi minuti (vedi sopra), è possibile distinguere questa condizione da un altro malore o patologia che provochi perdita di coscienza: la vittima in arresto cardiaco non solo è priva di coscienza, ma non si risveglia e non reagisce se viene chiamata e scossa, non respira normalmente o non respira affatto e non mostra alcun movimento. Nelle prime fasi dell’arresto cardiaco, la priorità non sta nel capire la causa che lo ha provocato: è invece molto importante saperlo riconoscere prontamente per chiamare i soccorsi, iniziare le manovre di rianimazione cardiopolmonare e rallentare il processo di morte in attesa di aiuto. Questi interventi sono gli stessi qualsiasi sia stata la causa che ha provocato l’arresto cardiaco. Lo scopo cruciale è cercare di rallentare il processo di morte provocato dall’interruzione della circolazione. Per farlo, il soccorritore che si sia accorto di questa condizione può sostituire in parte la funzione del cuore con manovre semplici e che non richiedono nessun tipo di strumento.
Comprimendo il centro del torace con le mani poste sulla metà inferiore dello sterno, si può generare una pressione sul torace e sul cuore in grado di spingere il sangue nel sistema circolatorio verso i vari organi. Se si è in grado di alternare queste compressioni toraciche con le ventilazioni di soccorso, si fa arrivare nuovo ossigeno nel sangue della vittima in modo che le compressioni toraciche lo spingano fino alle cellule sofferenti.
Quindi, per capire se una persona è in arresto cardiaco (e quindi sta morendo) è necessario che abbia perso coscienza, non si risvegli se chiamata e scossa e abbia smesso di respirare normalmente o di fare altri movimenti. Se sono presenti questi segni, è necessario allertare i soccorsi chiamando il 112 (Numero Unico europeo per le Emergenze) o il 118 (numero per le emergenze sanitarie, nelle regioni italiane dove è ancora valido). L’operatore che ci risponde, oltre ad inviaci i mezzi di soccorso adeguati, può aiutarci a valutare e riconoscere i segni dell’arresto cardiaco facendoci delle domande specifiche e ci può guidare a fare le manovre necessarie anche se non le conosciamo o non le ricordiamo; inoltre, può segnalarci se nelle vicinanze è disponibile un defibrillatore (DAE).
Per riassumere: Qualsiasi sia la causa dell’arresto cardiaco, le manovre da fare sono sempre le stesse: riconoscerlo, chiamare il 112/118 e far cercare un DAE, comprimere il torace e, se siamo in grado di farlo e vogliamo farlo, tentare le ventilazioni di soccorso.
QUANDO È UTILE IL DEFIBRILLATORE E COS’È LA DEFIBRILLAZIONE?
In breve:
La defibrillazione esterna consiste nell’erogazione, sul torace di una vittima in arresto cardiaco, di una corrente elettrica in grado di raggiungere il cuore. È necessaria il più presto possibile qualora il cuore non riesca a contrarsi efficacemente a causa di due condizioni di aritmia caotica note come fibrillazione ventricolare e tachicardia ventricolare. Queste due aritmie, presenti solo in alcuni casi di arresto cardiaco, possono essere interrotte dalla defibrillazione.
L’arresto cardiaco può essere causato da condizioni diverse. In alcuni casi l’incapacità del cuore di pompare il sangue e farlo circolare è dovuta ad aritmie caotiche che impediscono al cuore di contrarsi come dovrebbe: queste aritmie vengono chiamate fibrillazione ventricolare e tachicardia ventricolare. Possono essere causate da molti tipi diversi di patologie, comuni o rare. Qualsiasi ne sia la causa, possono essere riconosciute automaticamente e con estrema precisione dal defibrillatore automatico esterno (DAE) che può interromperle attraverso la scarica elettrica che questo dispositivo è in grado di erogare. La defibrillazione è tanto più efficace quanto più è tempestiva, cioè quanto meno tempo è passato dall’insorgenza dell’aritmia all’erogazione della scarica elettrica; il massimo di efficacia si ha nei primi 10 minuti circa dall’inizio dell’arresto. Più i DAE sono diffusi e accessibili sul territorio, più è probabile che chi ne abbia bisogno per soccorrere una vittima di arresto cardiaco ne trovi rapidamente uno nei pressi.
La defibrillazione, quindi, consiste nell’erogazione di una scarica elettrica sul torace della vittima che, in caso di fibrillazione o tachicardia ventricolare, può interrompere l’aritmia creando le condizioni per ripristinare un ritmo più regolare e quindi la capacità del cuore di pompare il sangue e far riprendere la circolazione.
Se invece l’arresto cardiaco non è causato da queste aritmie, il defibrillatore non può essere di aiuto immediato ma deve comunque essere applicato sul torace della vittima perché lo potrebbe diventare nel corso del tentativo di rianimazione. Anche in assenza o nell’attesa di un DAE, ciò che invece è sempre utile e possibile fin dall’inizio, in tutti i casi di arresto cardiaco, sono la chiamata di soccorso, le compressioni toraciche e, se in grado di eseguirle, le ventilazioni di soccorso.
Per ulteriori dettagli, consulta il documento: Un Sistema per Salvare Vite
Video demo Basic Life Support o Rianimazione Cardiopolmonare di base:
Durante la pandemia: https://youtu.be/n9ZFQnzEqFc
Sequenza standard: https://youtu.be/MTcFQh8ZPJc
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